La gnatologia riguarda il complesso cranio-cervico-mandibolare ed indirettamente l’intero organismo: anche le recenti Linee Guida inseriscono l’articolazione temporo-mandibolare fra i recettori da controllare per l’equilibrio di tutto l’organismo.
Nello specifico la gnatologia si occupa della gestione clinica del dolore oro-cranio-cervico-facciale e delle problematiche funzionali stomatognatiche (bruxismo, movimento mandibolare, masticazione, deglutizione, respirazione, etc…). I disordini craniomandibolari rappresentano il termine generico e omnicomprensivo per indicare tutte le problematiche di principale interesse gnatologico che colpiscono le articolazioni temporomandibolari, i muscoli masticatori, le vertebre ed il parodonto.
L’odontoiatra costituisce la figura medica di riferimento per tali problematiche. Viene eseguita diagnosi specifica di disordine craniomandibolare coll’ausilio eventuale di elettromiografia di superficie e kinesiografo, successivamente alla quale può essere stabilita la gestione più corretta del caso, che dovrà comunque avvalersi di procedure conservative e minimamente invasive (bite, riprogrammatori neuromuscolari, attivatori polifunzionali). E’ contemplato anche il supporto dei più moderni dispositivi di misurazione e correzione, quali la pedana stabilometrica e la nanotecnologia.
Purtroppo i sintomi di un disturbo ad una o, più spesso, entrambe le articolazioni temporo-mandibolari, possono variare da un acufene, al mal di testa, dolori in varie zone del corpo, limitazioni di flessione, rotazione, compressioni ad organi interni, alterazioni ormonali etc.. Il dato che accomuna tutte le sindromi correlate è una mancanza di simmetria di funzione fra le due articolazioni (destra e sinistra), ovvero la mancanza di equilibrio, di bilanciamento, nei movimenti compiuti dalla mandibola per espletare i propri compiti. Tutto questo riflette un difetto di funzionalità a livello neuronale che comporta una cascata di eventi che si ripercuotono su tutto il sistema nervoso e quindi in tutto l’organismo.
Solo in caso di raro insuccesso dell’approccio conservativo potrà essere considerata la necessità di interventi più invasivi (chirurgia maxillo-facciale).